Tallacano è il ricordo di una notte di mezza estate.

Il ricordo di un bimbo ancora lontano dalle peripezie quotidiane del modello 730 e della grigia burocrazia.

Tallacano è il paese dove probabilmente ho davvero passato le mie ultime estati più fanciullesche, tra un nascondino rigorosamente notturno, qualche gelato, diversi “4 cantoni” e interminabili code davanti al biliardino, dove conquistarsi un posto per giocare con i ragazzi “grandi” era un obiettivo più che rispettoso. Bastava dimostrare di saper tirare abbastanza forte.

Ma c’era dell’altro  (oltre all’ essere incredibilmente fico come nella foto sopra).

C’era l’andar a prendere acqua alla fonte e dissetarsi direttamente dalla stessa, c’era l’esplorazione nelle piccole “selve” limitrofe e il continuo peregrinare in cerca di passaggi e scorciatoie per arrivare sempre prima a casa per pranzo.

Tallacano era un paese vivo.

Oggi, poche sagge anime rimangono radicate in questo piccolo agglomerato di case che ha dato i natali ai miei nonni paterni, una lingua di roccia arenaria (Tufo, per i più) dove Tallacano si avvinghia, in costante e secolare equilibrio.

Detta così sembra quasi un racconto d’altri tempi e che io abbia chissà quale indecifrabile età. Ma è solo il vivido ricordo di un ventinovenne che sorride al solo pensiero che oggi senza uno smartphone, probabilmente non riusciremmo neanche a trovarla, Tallacano.

Fortunatamente, da tre anni a questa parte, il nostro amico Sergio Mancini ha deciso di afferrare le redini di una storia che sta scomparendo e che stenta a saturare anche nelle estati più torride, incollando pezzi di interviste, documenti, lettere d’ amore direttamente oltreoceano (non dimentichiamo che anche l’italiano è stato un immigrato) e testimonianze dirette.

E’ quanto accade alla “festa dei Gerani”.

Non una vera festa, non una rievocazione.

Semplicemente un alibi.

Una scusa per riportare in loco i Tallacanesi, originari o acquisiti e ricondurli al centro della vecchia piazzetta, dinanzi la chiesa ascoltando il ricordo dei vecchi.
Non degli anziani, ma dei Vecchi con V maiuscola.
“Anziani” altro non è che una parola “politically correct” per descrivere una persona in là con l’età.
Ma i Tallacanesi rimasti di cose ne hanno viste e ne hanno fatte per sopravvivere.
Vendere carbone, costruire carbonaie, vendere castagne, ricavarne farina (e ogni derivato) affrontare il gelo e la siccità, dormire con un tetto fatto di stelle, conoscere i fantasmi e i briganti.
Questi sono i “Vecchi”, ne più ne meno.

E ogni portoncino in legno di Tallacano riporta, poggiato sulla soglia, un vaso di gerani, una pianta tosta, robusta e pioniera, proprio come questi “Vecchi”.
Ogni vaso simboleggia una famiglia.

Un consiglio: Fatevi un giro. Vi sbalordirà la foresta di gerani che percorre le vie di Tallacano.
Un indice demografico di scarlatta memoria.

 

Sotto riporto qualche scatto dell’ edizione di quest’ anno, ancora un grazie a Sergio e chi lo ha aiutato nel realizzare l’ evento.


 


5 Comments. Leave your Comment right now:

  1. by cesare

    Ho riguardato ancora queste foto …sono dei piccoli capolavori !!!!!!

    • by rtosti

      Grazie Cesare. Ma i piccoli capolavori sono in realtà i soggetti che ho fotografato, il merito è in gran parte solo loro .
      E chi ha vissuto Tallacano come te e me questo lo sa benissimo.

  2. by stefano

    Geniale, sei il top amico!

    • by rtosti

      Grazie amico mio!
      A breve spero di poter realizzare qualcosa anche in video, ti do un anticipazione!

  3. by Fabrizio e Domenico

    Ciao! Bellissime foto! Anch’io e mio fratello da piccoli abbiamo passato delle bellissime giornate estive a Tallacano!
    Saluto Stefano, che sicuramente ricorderà le Estati passate insieme, quando eravamo bambini, a Tallacano!
    Ciao anche a Cesare!!!!
    Buone feste a tutti